Obblighi di adesione alle convenzioni Consip e affidamento mediante procedure in autonomia da parte delle stazioni appaltanti

Giurisprudenza

21 giugno 2018|di Avv. Michele Leonardi

Soprattutto con riferimento a determinate tipologie di amministrazioni, rimane a tutt’oggi fumoso e di non sempre facile applicazione (considerata anche la poca armonia e lo scarso coordinamento tra le disposizioni in materia) il quadro normativo relativo agli obblighi di adesione delle amministrazioni alle convenzioni Consip ovvero alle convenzioni attivate da altri soggetti aggregatori.

In questo marasma normativo (che non si è voluto risolvere neppure con l’entrata in vigore del nuovo Codice, considerato che tutte le disposizioni che regolano la materia vivono ancora al di fuori di quella che dovrebbe essere la norma cardine del sistema degli appalti pubblici nel nostro Paese) le Amministrazioni, in alcuni casi, proseguono ancora con procedure autonome per l’affidamento di servizi e fornitore che sono contemporaneamente anche oggetto di possibile adesione alle convenzioni attive in Consip o presso altro soggetto aggregatore.

La sentenza n. 5781/2018 del 24 maggio 2018 emanata dalla Sezione II-quater del Tribunale Amministrativo del Lazio è forse l’occasione per fare un po’ di chiarezza su tale questione. Oggetto del contendere, nel caso esaminato, è l’affidamento in concessione dell'attività di gestione e manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione nonché della relativa progettazione ed esecuzione delle opere e dei servizi connessi alla riqualifica degli impianti di illuminazione pubblica.

Il ricorrente, aggiudicatario della Convenzione Consip Servizio Luce 3 per un ambito operativo territoriale in cui ricade quello dell’appalto contestato, ha impugnato il bando per l’affidamento dei servizi di cui sopra, in ragione – tra le altre cose – della violazione dell’obbligo di adesione alla Convenzione Consip attiva.

Il Tribunale, nell’esaminare il motivo di ricorso che qui interessa, non manca di sottolineare in premessa che “la normativa generale sulla centralizzazione degli acquisti in funzione del risparmio da economia di scala è questione complicata, dato l’intreccio di svariate disposizioni contenute nelle leggi sul contenimento della spesa pubblica centrale e locale (spending review), sulle leggi di stabilità, nonché, in varie leggi settoriali, che pongono problemi di individuazione, ancor prima che di interpretazione e coordinamento, della norma applicabile”. Quello che si è pertanto andato a creare è “un coacervo di norme che il Codice ha rinunciato a ‘sistematizzare’, limitandosi ad un generico rinvio alle ‘vigenti disposizioni in materia di contenimento di spesa’, le quali finiscono per costituire un ‘sistema parallelo’”.

Più nello specifico e trattando in via generale il tema della obbligatorietà o meno di adesione alle Convenzioni Consip o di altri soggetti aggregatori da parte degli enti locali, i giudici osservano che “l’evoluzione normativa è stata ondivaga, alternando facoltatività ed obbligatorietà dell’adesione alle Convenzioni CONSIP per determinate Amministrazioni, passando per l’imposizione di parametri di prezzi e costi, non superabili dalle Amministrazioni ove autorizzate ad acquisire beni e servizi autonomamente, attraverso un'ordinaria procedura a evidenza pubblica, oppure condizionando tale autonomia negoziale alla dimostrazione del conseguimento di un vantaggio in termini di spesa”.

Tra le altre il Tribunale prende in considerazione la norma di cui all’art. 1, comma 449, della Legge 296/2006, che, da un lato, obbliga le sole amministrazioni statali ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro, e dall’altro, conferma, per le restanti amministrazioni, inclusi quindi gli enti locali, la mera facoltatività del ricorso alle convenzioni Consip, ribadendo, tuttavia, l’obbligo ad utilizzarne i parametri di prezzo/qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. L’obbligatorietà dell’adesione – osservano i giudici capitolini – non investe quindi l’intero contenuto della Convenzione Consip, “dato che la scelta di agire in autonomia dell’Ente viene salvaguardata (anche se sottoposta ad un rigoroso procedimento aggravato, nonché ad un regime di controlli, di pubblicità e di responsabilità delle relative decisioni…)”.

Il TAR richiama poi il contenuto dell’art. 9 del D.L. 66/2014 in ragione del quale è stato poi emanato il D.P.C.M. del 24 dicembre 2015 che individua un elenco di beni e servizi standardizzati per i quali tutte le Amministrazioni pubbliche, inclusi gli Enti Locali, non possono effettuare acquisti con procedure autonome, ma sono costrette ad avvalersi della Convenzione Consip. Qualora tuttavia tale convenzione non sia disponibile, rivive l’autonomia negoziale dell’amministrazione, la quale però sarà tenuta al rispetto di parametri di prezzo e costo, prefissati nel limite massimo dall’ANAC, a pena di nullità dei contratti conclusi in violazione degli stessi.

Per dirimere la questione relativa al caso di specie, il tribunale evidenzia innanzitutto che “la previsione di obbligatoria adesione alla Convenzione Consip sancita dall’art. 9 co. 3 non trova applicazione in quanto il servizio pubblico locale di illuminazione pubblica non risulta espressamente menzionato nell’elenco dei settori merceologici e di servizi contemplati dal DPCM del 24 dicembre 2015 (adottato in attuazione dell’art. 9 co. 3 in parola). E non a caso, dato che il suddetto decreto include categorie di beni (soprattutto prodotti sanitari, farmaci, vaccini) e servizi standardizzati (quali pulizie, vigilanza etc.) che non sono equiparabili a quello in esame”.

Viene poi osservato come la normativa di settore (ed in particolare l’art. 1, comma 7, del D.L. 95/2012, convertito con Legge 135/2012 e successive modifiche) permetta alle stazioni appaltanti di procedere con affidamenti in autonomia per determinate categorie merceologiche (tra cui anche quella relativa all’energia) e in vigenza di una convenzione Consip “a condizione che gli stessi [affidamenti] conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori almeno (….) del 3 per cento per le categorie merceologiche carburanti extra-rete, carburanti rete, energia elettrica, gas e combustibili per il riscaldamento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip SpA e dalle centrali di committenza regionali”.

Sul punto, a parere del TAR, è inoltre fondamentale precisare come il servizio di illuminazione pubblica non possa essere riconducibile a quello di mera fornitura di energia, come già chiarito dalla giurisprudenza (anche del Consiglio di Stato), secondo cui il servizio di illuminazione pubblica non forma oggetto dell’obbligo di adesione alle Convenzioni Consip.

Ecco quindi che il Collegio ritiene che “l’attività che si intende affidare con la procedura in contestazione non sia affatto riconducibile al mero servizio energia, ma rientri, invece, tra servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica di cui all’art. 3 bis del D.L. 13/08/2011, n. 138 (conv. in legge n. 148/2011).

Alla luce di quanto considerato dal TAR Lazio nella sentenza in commento, risulta pertanto fondamentale valutare con attenzione l’oggetto del contratto che la singola amministrazione intende affidare, anche al fine di considerare l’eventuale obbligo di adesione (secondo la frastagliata normativa di settore) a convenzioni attivate da Consip o da altro soggetto aggregatore.

Leggi il testo integrale della sentenza del TAR Lazio, sez. II-quater, 24 maggio 2018, n. 5781.