Nullità del bando per l’affidamento di una concessione per mancata indicazione del valore stimato della stessa e per commistione tra criteri soggettivi e oggettivi di selezione

Giurisprudenza

17 dicembre 2017|di Avv. Michele Leonardi

Come noto, l’art. 167 del D.Lgs. 50/2016 stabilisce i metodi di calcolo del valore stimato dei contratti di concessione, anche il fine di verificare la loro ricaduta all’interno delle norme del codice che regolano gli affidamenti sopra ovvero sotto soglia comunitaria, ai sensi dell’art. 35 del codice stesso. Si tratta in realtà di un valore appunto stimato, considerato che l’art. 167 stabilisce che lo stesso sia calcolato sulla base del fatturato generato dal concessionario nel corso dell’intera durata del contratto, il quale, dipendendo anche dal rischio operativo che si assume l’operatore economico nella gestione della concessione, non potrà essere definito a priori con estrema puntualità da parte della stazione appaltante.

Ciò posto, il comma 2 della medesima norma ricorda comunque che detto valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avvii la procedura di aggiudicazione della concessione.

Ma quid iuris qualora la stazione appaltante non indichi nei propri atti di gara il valore stimato della concessione ai sensi dell’art. 167 del codice?

Questa, in buona sostanza, la questione che è stata sottoposta all’VIII sezione del TAR Campania (Sezione di Napoli) da parte di un operatore economico che aveva partecipato ad una procedura di gara indetta dal Comune di Benevento per l’affidamento in concessione di un impianto sportivo comunale di tennis, risultando secondo nella graduatoria definitiva. Con la sentenza n. 5596/2017 dello scorso 28 novembre il TAR Napoli ha accolto le doglianze della ricorrente, per le ragioni che di seguito si andranno ad analizzare.

Dopo aver rigettato i primi due motivi di ricorso proposti dalla ricorrente, il tribunale si sofferma sul terzo motivo, mediante il quale il ricorrente ha contestato:

  • In primo luogo, l’aggiudicazione all’altro operatore economico della concessione per non avere l’offerta tenuto conto del necessario valore della stessa di cui all’art. 167 del D.Lgs. 50/2016 e comunque per la mancanza nell’offerta di un dato essenziale ai fini della corretta valutazione della fattibilità e convenienza del servizio;
  • in secondo luogo, l’assenza nella lex specialis di gara dell’indicazione del valore della concessione, così come determinato e definito dallo stesso art. 167, essendo stato indicato nella documentazione di gara unicamente il canone annuale di concessione.

Nel ritenere fondato il motivo, ancora prima di esporne le motivazioni, i giudici partenopei anticipano le proprie conclusioni affermando che “l’offerta non riporta il valore complessivo in quanto non previsto nella lex specialis e, in questo, l’assenza di un riferimento al valore di concessione nella medesima offerta non rende semplicemente invalida la stessa bensì è conseguenziale a un vizio del bando”. L’offerta dell’aggiudicatario risulta pertanto viziata da un’illegittimità originaria del bando.

Secondo quanto sostenuto dal collegio, la previsione di cui all’art. 167 del codice è vincolante per le stazioni appaltante e costituisce pertanto un obbligo a carico delle stesse, considerato che tale norma “costituisce recepimento, nell'ordinamento italiano, dell'art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE, senza alcuna statuizione (ed in questo è una significativa differenza con la direttiva comunitaria) di soglie minime di applicabilità o di una qualche esenzione per le concessioni di minore valore economico”.

La soluzione prospettata dal TAR campano risulta essere peraltro in linea con quanto già affermato dal Consiglio di Stato sotto la vigenza del precedente codice e, pertanto, i giudici possono a buon diritto ritenere che “l'indicazione del valore della concessione nel bando è essenziale ed obbligatoria e ciò per garantire al partecipante alla procedura la possibilità di formulare la propria offerta nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere”.

Da tali argomentazioni discende la conseguenza che deve ritenersi “illegittimo il bando di gara che non ha dato applicazione alla previsione dell'art. 167, comma 1 e 2 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 che impone, anche con riferimento alle concessioni, l'inserimento nella lex specialis della procedura, del valore di una concessione” e, richiamando un precedente arresto del Consiglio di Stato, i giudici ricordano come tale vulnus non possa essere sanato mediante l’indicazione del solo canone di concessione (come invece avvenuto nel caso di specie).

L’Amministrazione comunale, nel resistere al ricorso, aveva eccepito la tardività del motivo appena esaminato, dal momento che – secondo la stazione appaltante – lo stesso andava dedotto immediatamente impugnando il bando di gara, inficiando tale vizio la possibilità di formulare una corretta offerta economica. Il TAR non ha tuttavia considerato degna di accoglimento tale eccezione, in quanto “l’omissione negli atti di gara dell’indicazione del valore di concessione, seppure tale indicazione è volta alla possibilità di una corretta valutazione della fattibilità e convenienza del servizio, non ha impedito alla parte ricorrente, che peraltro era in possesso di dati sul servizio essendo il soggetto gestore dell’impianto, di formulare la sua offerta, non risultando quindi né lesiva, né impeditiva per la stessa”.

Di talché, non avendo subìto la parte ricorrente una lesione immediata dalla mancata indicazione del valore della concessione negli atti di gara, l’interesse all’impugnazione è sorto soltanto a seguito della comunicazione di aggiudicazione definitiva.

Accogliendo il ricorso su tale punto, i giudici hanno pertanto dichiarato la nullità del bando di gara e di tutti gli altri conseguenti, compresa quindi anche l’aggiudicazione definitiva a favore dell’altro operatore economico.

In questa sede giova peraltro esaminare, seppur basato su tematiche differenti rispetto a quelle appena esaminate, anche l’ultimo motivo di ricorso proposto dalla ricorrente e che ha trovato accoglimento da parte del TAR Napoli. Con questo motivo veniva infatti contestata la legittimità dei criteri di selezione utilizzati dalla stazione appaltante in quanto all’interno degli stessi vi sarebbe stata un’indebita commistione tra requisiti soggettivi ed oggettivi, in contrasto con quanto previsto dal comma 6 dell’art. 95 del D.Lgs. 50/2016.

Il Tribunale apre la disamina di tale motivo di ricorso ricordando che “costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta ai fini dell'aggiudicazione”, principio che trova il suo supporto logico “nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all'offerta e all'aggiudicazione”.

Tale divieto, tuttavia, non deve essere letto in termini assoluti, essendo di volta in volta necessario “procedere ad un’analisi specifica della singola fattispecie per verificare se vi sia un’effettiva e coerente corrispondenza tra il criterio di valutazione individuato, ancorché di natura soggettiva, e il contenuto qualitativo dell’offerta, e quale sia l’effettiva incidenza di tale criterio rispetto alla scelta della miglior offerta” (tanto che – vale la pena ricordarlo – anche ANAC nelle sue Linee Guida n. 2 sull’offerta economicamente più vantaggiosa ha dimostrato una maggiore apertura alla possibilità di sottoporre a valutazione tecnica anche quei requisiti che rientrano nell’ambito soggettivo degli operatori economici).

Tuttavia, nel caso di specie, “i criteri utilizzati dalla stazione appaltante per l’attribuzione dei punteggi, e in particolare il numero dei tesserati residenti nella provincia di Benevento, l’anzianità di affiliazione alla Federazione Sportiva Nazionale e l’anzianità di iscrizione al CONI, si palesano come inerenti al profilo soggettivo, integrando il vizio lamentato da parte ricorrente”, dal momento che gli stessi non potevano in alcun modo aggiungere un quid pluris alla proposta qualitativa degli operatori economici.

Leggi il testo integrale della sentenza del Tar Campania-Napoli, sez. VIII, 28.11.2017, n. 5596.