OEPV sì, ma a che prezzo? Perché le formule contano

Approfondimenti

21 maggio 2020|di Avv. Michele Leonardi

La gestione di una procedura di gara da aggiudicare mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è cosa assai complessa, soprattutto se mediante la stessa si intenda raggiungere effettivamente quel giusto bilanciamento tra valore della qualità ed economicità del lavoro, bene o servizio acquistato, definito dal nostro legislatore “miglior rapporto qualità/prezzo” (vedi comma 2 dell’art. 95 del Codice) e, a livello internazionale, “value for money”.

La progettazione della gara

Come per tutte le procedure di appalto, il momento fondamentale dove si gettano le basi non solo dell’aggiudicazione del contratto bensì, soprattutto, dell’esecuzione dello stesso secondo gli obiettivi prefissati dalla stazione appalto è indubbiamente la fase di progettazione.

Ed è proprio in questa delicata fase della procedura che il progettista (latu sensu inteso) deve porre particolare attenzione alla costruzione del sistema di valutazione delle offerte, sia da un punto di vista tecnico (mediante la scelta dei criteri di attribuzione del punteggio) che da un punto di vista economico (attraverso la scelta della formula matematica per la determinazione del punteggio da attribuire all’elemento prezzo).

A questo punto si impone doverosa una premessa: prima di costruire la propria offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante dovrà necessariamente aver ben chiaro quali siano i bisogni che la stessa intende soddisfare mediante l’affidamento di quel particolare contratto. Tutte le scelte che l’amministrazione intenderà adottare dovranno sempre essere rivolte al raggiungimento dell’obiettivo sotteso all’affidamento di qualsiasi contratto, ovvero la soddisfazione di un particolare e determinato bisogno.

La scelta dei criteri attraverso i quali valutare le offerte tecniche è di certo un primo impegnativo scoglio da superare per la stazione appaltante, in quanto tale operazione richiede di ricercare quella giusta alchimia che non sempre però ha come risultato ultimo la trasformazione di un metallo grezzo in oro. Le amministrazioni, infatti, si trovano a dover combinare elementi di valutazione di natura qualitativa (quindi discrezionali) ovvero quantitativa (retti da applicazione di mere formule matematiche oppure tabellari), a decidere se determinare un’eventuale soglia di sbarramento delle offerte, a stabilire se applicare o meno la riparametrazione dei punteggi (di primo o di secondo livello), a definire i criteri motivazionali attraverso i quali valutare gli elementi di natura qualitativa ed a scegliere il metodo di valutazione di tali elementi qualitativi (confronto a coppie o attribuzione di coefficienti).

Sopravvissuti a questa giungla di opzioni (che avranno un riflesso fondamentale sulle risultanze della procedura di gara), la stazione appaltante si troverà quindi davanti ad un’altra importante valutazione: come attribuire i punteggi da assegnare all’elemento prezzo?

Giova a questo punto ricordare la scelta che il nostro legislatore ha operato esattamente tre anni fa, quando ha adottato il D.Lgs. 56/2017 (meglio conosciuto come “Decreto Correttivo, entrato in vigore il 20 maggio 2017), il quale ha apportato una serie infinite di modifiche al Codice dei Contratti Pubblici, all’epoca vigente da 12 mesi. Tra queste, una di particolare importanza per quel che riguarda la materia trattata in questa sede: aggiungendo il comma 10-bis all’art. 95, il legislatore ha inteso sottolineare come, nelle procedure aggiudicate all’offerta economicamente più vantaggiosa, la componente qualitativa debba necessariamente prevalere sulla componente economica (“La stazione appaltante, al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici”), a tal punto che è stata prevista expressis verbis una limitazione al punteggio da attribuire all’elemento prezzo, al quale non potrà mai essere assegnato un peso superiore a 30 punti.

Seppur soggetto alla limitazione di cui sopra, l’elemento economico può giocare ancora un ruolo fondamentale nell’aggiudicazione di un appalto affidato mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tutto dipende infatti da quale formula matematica per l’attribuzione del punteggio relativo al prezzo la stazione appaltante scelga di applicare.

Formule matematiche per l’attribuzione del prezzo: le ricadute pratiche

Sotto questo profilo vengono in supporto le Linee Guida n. 2 di ANAC mediante le quali l’Autorità ha fornito dei chiarimenti sulle modalità di valutazione delle offerte secondo il criterio dell’OEPV, soffermandosi anche sulle modalità di valutazione delle offerte economiche. In questo ambito, ANAC ha richiamato in particolare tre formule matematiche (quelle di maggiore utilizzo, pur lasciando spazio alla stazione appaltante per la creazione di una propria e differente formula, purché rispettosa di un principio fondamentale di cui si dirà poco oltre) e nello specifico:

  • formula lineare;
  • formula bilineare (o del c.d. “valore soglia”);
  • formula non lineare (o quadratica).

Orbene, optare per una formula piuttosto che per un’altra può avere effetti devastanti sulle risultanze finali della procedura di gara.

Un esempio su tutti potrà chiarire questo fondamentale aspetto: 80 punti assegnati alla qualità e 20 punti assegnati al prezzo. Elementi di valutazione dell’offerta tecnica tutti qualitativi, che permettono quindi alla commissione di esercitare al massimo la propria discrezionalità tecnica. Un concorrente si è nettamente distinto rispetto agli altri ottenendo 80 punti. Il secondo in graduatoria è ad una distanza siderale di 9,95 punti (70,05 complessivi). L’aggiudicazione a questo punto appare quasi scontata…

La stazione appaltante ha però deciso di assegnare i 20 punti messi a disposizione per la componente economica mediante la formula lineare che – nelle sostanza – mette in rapporto il ribasso offerto dal concorrente (-iesimo) con il miglior ribasso offerto. Il concorrente con la miglior offerta tecnica ha proposto uno sconto sul prezzo a base d’asta dell’1%, mentre il secondo in graduatoria ha offerto un ribasso del 2%.

In virtù della formula matematica prescelta, al migliore (qualitativamente parlando) vengono assegnati 10 punto su 20, mentre al secondo viene assegnata l’intera posta in gioco (20 punti). Risultato finale: nonostante la netta differenza dal punto di vista qualitativo, il concorrente con un’offerta tecnica più scadente si aggiudica l’appalto con 80,05 punti contro 80 punti (e con una differenza di sconto di un solo punto percentuale!).

In un esempio come quello proposto è probabile che l’amministrazione, già nella fase di progettazione, abbia perso di vista l’obiettivo (bisogno da soddisfare) che intendeva raggiungere con l’architettura elaborata con la sua offerta economicamente più vantaggiosa: pur volendo enfatizzare l’elemento qualitativo, alla fine il prezzo ha vinto sulla qualità. E tutto per una questione puramente matematica.

È del tutto impossibile determinare a priori quale possa essere la migliore formula matematica da applicare per l’attribuzione del punteggio relativo alla componente economica, soprattutto perché questa scelta dipende da una valutazione del tutto discrezionale della stazione appaltante in merito agli obiettivi che la stessa intende raggiungere con l’affidamento della procedura di gara.

Formule matematiche per l’attribuzione del prezzo: i princìpi sanciti da ANAC

Esiste però un principio di base che deve necessariamente governare qualsiasi formula matematica utilizzata per l’attribuzione del punteggio economico nell’ambito di una procedura aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tale principio è stato già ripreso da ANAC nelle citate Linee Guida n. 2, laddove l’Autorità precisa (pare ovvio, ma come vedremo oltre non è sempre così) che “Il punteggio minimo, pari a zero, è attribuito all’offerta che non presenta sconti rispetto al prezzo a base di gara, mentre il punteggio massimo all’offerta che presenta lo sconto maggiore”.

In altre parole, la formula matematica utilizzata per la valutazione della componente prezzo deve essere idonea a distribuire l’interno spettro del punteggio economico, da un minimo di zero ad un massimo (ad esempio) di 30 punti. Tale risultato può essere ottenuto qualora, utilizzando ad esempio una delle formule di cui alle Linee Guida n. 2 di ANAC, venga scelto quale elemento di valutazione e confronto tra le offerte il ribasso (espresso in percentuale ovvero in euro) proposto dai concorrenti.

Formule matematiche per l’attribuzione del prezzo: i princìpi sanciti dalla giurisprudenza

Non sempre però le stazioni appaltanti scelgono formule matematiche idonee a garantire il rispetto del suddetto principio, tanto che una recente sentenza del Consiglio di Stato è dovuta ritornare sulla questione (Consiglio di Stato, sez. V, 10 aprile 2020, n. 2356).

Si deve premettere che è infatti ancora in uso tra le amministrazioni la pratica di impiegare quale parametro di valutazione delle offerte non già il ribasso (o sconto che dir si voglia) praticato dagli operatori economici sull’importo posto a base d’asta, bensì il prezzo offerto (già epurato dello sconto). Tale pratica è mutuata dall’ormai abrogato D.P.C.M. 13.03.1999 n. 117, il quale – in verità per le sole procedure aventi ad oggetto l’affidamento di servizi di pulizia – prevedeva l’utilizzo di una formula inversamente proporzionale che metteva a confronto il migliore prezzo offerto con il prezzo offerto dal concorrente (-iesimo) oggetto di valutazione.

Il problema è che tale formula è del tutto irrispettosa del principio di “distribuzione totale dei punteggi”: esemplificando, se rispetto ad un importo a base d’asta di 100.000 euro, un concorrente offrisse un prezzo di 99.999 euro ed un altro concorrente offrisse invece un prezzo di 70.000 euro (quindi quasi 30.000 euro di differenza), dei 30 punti messi a disposizione il secondo operatore si accaparrerebbe tutta la posta in gioco ma il primo (con un solo euro di sconto) otterrebbe comunque 21 punti.

Tale formula, quindi, svilisce del tutto un confronto sull’elemento economico, attribuendo comunque un sostanzioso punteggio anche ad offerte prossime al valore posto a base d’asta.

La sentenza n. 2356/2020 del Consiglio di Stato parte proprio da una procedura di gara dove il punteggio economico veniva attribuito mediante una formula inversamente proporzionale sul prezzo offerto. In questo caso i giudici di Palazzo Spada, nel confermare la sentenza di primo grado del TAR Campania, hanno disposto l’annullamento dell’intera procedura di gara oggetto di contenzioso, proprio in ragione dell’errata formula matematica utilizzata dalla stazione appaltante per la valutazione del punteggio economico.

Nello specifico, già la sentenza di primo grado (TAR Campania, sez. VI, 04.04.2019, n. 1880) aveva precisato che (come affermato da altra precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato) “è necessario che nell’assegnazione dei punteggi venga utilizzato tutto il potenziale differenziale previsto per il prezzo, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta” e di conseguenza aveva annullato l’intera gara per la ritenuta assorbente illegittimità della formula di attribuzione dei punteggi alle offerte economiche.

La sezione V del Consiglio di Stato, nel valutare l’appello avverso la sentenza del TAR campano, ha stabilito innanzitutto che “bene la sentenza appellata ha, dunque, ritenuto che la formula prescelta dalla stazione appaltante avesse sostanzialmente annullato il confronto concorrenziale circa la convenienza economica delle offerte …”, aggiungendo successivamente che “nella procedura di gara in esame è stato completamente annullato il confronto concorrenziale tra le offerte economiche: la formula matematica applicata non rispecchiava infatti il reale valore delle offerte economiche presentate in quanto il punteggio ad esso attribuibile era commisurato non all’intero range dei punti messi in palio, ma soltanto a 3 punti (non essendo possibile, pur con il minimo ed irrisorio ribasso su indicato, ottenere meno di 27,37 punti)”.

La formula impiegata dalla stazione appaltante deve quindi considerarsi illegittima: “l’assegnazione in concreto di pochi punti (solo tre) rispetto ai 30 formalmente previsti per l’offerta economica, in uno all’impossibilità di utilizzare l’intero differenziale potenziale in termini di punteggio per tale offerta (per avere la stazione appaltante, nell’applicare la formula matematica prescelta, omesso di porre a base di raffronto i ribassi percentuali sulle componenti comprimibili della base d’asta), hanno snaturato nella gara in oggetto il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa stabilito dalla legge di gara, determinando una significativa svalutazione dell’incidenza dell’elemento prezzo. A significative differenze dei prezzi offerti corrispondeva, infatti, un ristretto ed esiguo differenziale di punteggio per tale componente”.

Dal caso di specie il Consiglio di Stato passa alla regola generale, stabilendo infatti che “formule matematiche di attribuzione di punteggi che hanno l’effetto di sterilizzare le differenze fatte registrare tra i ribassi offerti non potrebbero sottrarsi ad eventuali censure di contraddittorietà, irragionevolezza ed arbitrarietà, nella misura in cui abbiano l’effetto di alterare il peso della componente prezzo nell’ambito dell’equilibrio complessivo con la componente tecnica: ciò infatti costituirebbe elemento valutabile in chiave sintomatica di un non corretto esercizio della pur ampia discrezionalità di cui godono le stazioni appaltanti nel determinare le formule in base alle quali attribuire il punteggio per la valutazione dell’offerta economica”.

La sentenza conclude quindi che, nella fattispecie posta all’esame del Collegio, “in violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, la formula matematica applicata dalla stazione appaltante non ha consentito nell’ambito della procedura in oggetto di realizzare un giusto bilanciamento tra elementi tecnici e qualitativi ed elementi economici (come previsto dall’art. 95, comma 10 bis, del D.Lgs. n. 50 del 2016), privando sostanzialmente la gara di un reale confronto concorrenziale circa la convenienza economica delle offerte presentate”.

Ecco che quindi il Consiglio di Stato intende con questa pronuncia tutelare quell’equilibrio che abbiamo richiamato in premessa del presente articolo tra componente tecnica e componente economica, il solo in grado di determinare la scelta del contraente in una procedura di gara sulla base di un effettivo miglior rapporto qualità/prezzo.

Conclusioni

È probabile che nella procedura di gara annullata infine dal Consiglio di Stato la stazione appaltante abbia scelto la formula poi ritenuta illegittima per evitare che forti ribassi potessero andare a stravolgere le risultanze ottenute a seguito della verifica delle offerte tecniche, tramutando così il prezzo nell’elemento maggiormente incidente nell’aggiudicazione della procedura di gara.

Tale risultato, tuttavia, poteva essere raggiunto raffrontando il ribasso percentuale offerto dei concorrenti nel contesto di una diversa formula matematica. In particolare, questo obiettivo si sarebbe realizzato scegliendo la formula c.d. non lineare, la quale pone in rapporto lo sconto offerto dal “concorrente -iesimo” e il migliore sconto, elevando poi questo rapporto ad una potenza il cui valore deve essere ricompreso tra 0 e 1. Più il valore dell’esponenziale si avvicina allo 0 e minore sarà la differenza di punteggio relativo alla componente economica, anche laddove i ribassi offerti presentino tra loro notevoli scostamenti.

In conclusione, la migliore offerta economicamente più vantaggiosa non può che nascere dal sapiente utilizzo dei metodi di valutazione dei parametri di natura tecnica e di quelli di natura economica, purché gli stessi siano sempre funzionali al soddisfacimento del bisogno della stazione appaltante.

AllegatoCDS_sentenza_2356_2020.pdf