Attacco al principio di segretezza della offerta economica

Giurisprudenza

24 febbraio 2020|di Avv. Vittorio Miniero

Di recente una sentenza del TAR della Basilicata (emessa dalla I° sezione del 23 gennaio 2020, n. 79) ha disposto che debba essere rispettato il principio di segretezza persino nelle procedure di affidamento diretto.

La lettura della sentenza mi ha convinto dell’opportunità di ricercare la genesi di tale principio.

Come noto i principi devono innanzitutto essere ricercati nella normativa comunitaria, ma tale ricerca lascerebbe delusi: il principio di segretezza dell’offerta economica non è di derivazione comunitaria.

Possiamo pregiarci di averlo coniato noi, insieme, giusto per fare un esempio, all’altro capolavoro denominato “principio della rotazione”.

Ma da dove deriva esattamente il principio di segretezza dell’offerta economica?

Anac dispose nel  Parere n. 57 del 19 marzo 2014 che: “La regola della separazione fisica dell’offerta economica dall’offerta tecnica costituisce un principio di derivazione giurisprudenziale consolidato, che garantisce un ordinato svolgimento della gara ed impone, al contempo, di compiere le verifiche documentali e gli apprezzamenti tecnici in una fase antecedente a quella in cui si conoscerà l’ammontare delle offerte economiche: la forma procedurale risponde all’esigenza di assicurare trasparenza, imparzialità e segretezza delle offerte, sicché, in tal modo, la verifica dei requisiti e la valutazione dell’offerta tecnica vengano effettuate senza condizionamenti derivanti dalla anticipata conoscenza della componente economica”.

Dunque la segretezza dell’offerta economica non è oggetto di disciplina normativa, ma è di derivazione giurisprudenziale, in quanto necessario per rispettare i principi costituzionali della imparzialità e buon andamento. 

Il Consiglio di Stato, Sez. V, nella recente sentenza del 24 gennaio 2019, n. 612 ha avuto modo di affermare che: “Il principio della segretezza dell'offerta economica è a presidio dell'attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), sub specie di trasparenza e par condicio dei concorrenti, per garantire il lineare e libero svolgimento dell’iter che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica e l'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione”.

Ma siamo così certi che questo principio possa dirsi ancora oggi legittimo, necessario ed opportuno?

Sulla illegittimità del principio di segretezza dell’offerta economica
Da qualche anno nel Codice degli Appalti il legislatore ha introdotto un altro principio importante consistente nella cosiddetta “tassatività delle cause di esclusione”.
Tale principio è ora disciplinato dall’art.83, comma 8, del d.lgs 50/2016 che dispone: “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

Dunque il Codice non vieta (allineandosi alle prescrizioni delle Direttive Comunitarie) che una procedura di gara possa prevedere una unica busta contenente contestualmente offerta tecnica ed economica o meglio, il Codice non vieta la eliminazione della necessità delle cosiddette buste virtuali sigillate.

Mi chiedo, però, a questo punto: come può considerarsi legittimo, in vigenza del principio di tassatività delle cause di esclusione, un provvedimento che escluda un concorrente che abbia violato un presunto principio di segretezza delle offerte non disposto dal Codice degli Appalti?

Una esclusione per un principio di derivazione giurisprudenziale, ma non replicato dal vigente Codice degli Appalti non finisce per violare la tassatività delle cause di esclusione?

Sulla non indispensabilità della segretezza della offerta economica
Il principio della segretezza della offerta economica è stato coniato dalla giurisprudenza sulla convinzione che la conoscenza del prezzo potrebbe condizionare la commissione giudicatrice che valuta le offerte tecniche.

E in che cosa consisterebbe esattamente il problema? 

Il popolo degli appalti deve perennemente subire condizionamenti. 

Il condizionamento non è di per sé motivo di illegittimità della procedura, perchè non viola in assoluto i principi di imparzialità e buon andamento.
Il condizionamento diviene motivo di illegittimità della procedura quando sfocia in distorsione.

Ma la conoscenza del prezzo, anche prima di avere valutato la offerta tecnica, non comporta necessariamente una distorsione della procedura.

Ed in fondo questo è fatto notorio per le pubbliche amministrazioni.

Dal 1 luglio 2006, infatti, le amministrazioni possono affidare appalti con una procedura denominata “affidamento diretto”.

Tale procedura si caratterizza per essere deprocedimentalizzata, ma deve comunque rispettare i principi e tra questi anche la trasparenza e l’imparzialità.

Nell’effettuare le procedure di affidamento diretto le amministrazioni da sempre, se chiedono preventivi, lo fanno senza la necessità delle cosiddette “buste virtuali” e senza che questo possa dirsi violare alcun principio di segretezza delle offerte economiche.

Eppure tali procedure rispettano i principi di parità di trattamento ed imparzialità.

Occorre fare un passo avanti e convincersi che l’imparzialità non sta nelle buste chiuse, ma nella predeterminazione di regole certe che consentano una parità di trattamento tra i concorrenti.

Questo passo in avanti culturale è decisamente reso difficoltoso dalla pubblicazione di sentenze come quella citata emessa dal TAR della Basilicata.

La “negoziazione”, quale criterio di aggiudicazione nella procedura di acquisto denominata “ affidamento diretto”, non dipende dalle regole classiche che governano le procedure ordinarie. 

E quindi un affidamento diretto può dirsi rispettoso dei principi pur se non esiste un termine entro il quale inviare una offerta, non esiste una busta chiusa sigillata, non esiste una seduta pubblica di apertura della busta chiusa e non esistono, infine, metodi meccanici di gestione delle offerte (prezzo più basso o offerta economicamente più vantaggiosa).

Sulla inopportunità del principio di segretezza della offerta economica
Il superamento del principio di segretezza della offerta economica consentirà la trasformazione del “garologo” in “buyer”.

Fino ad oggi si è chiesto al popolo degli appalti di schiacciare tasti di un computer che consentano la apertura di buste e consentano la individuazione della migliore offerta.

In futuro occorrerà acquisire capacità di buyer: ovvero occorre acquisire una professionalità che consenta, indipendentemente da cavilli procedurali, di scegliere quale sia effettivamente la offerta migliore.

E un buon buyer non può prescindere, quando valuta la qualità, dalla conoscenza del prezzo, perchè è indispensabile conoscere il costo della qualità maggiore che il concorrente offre.

La conoscenza del prezzo condiziona il buyer nel convincerlo se quella rilevata qualità maggiore vale anche quella spesa maggiore.

Questo condizionamento, fino ad oggi, ha sempre proibito al popolo degli appalti di fare i buyer, costringendoli a fare i garologhi.

E’ arrivato il momento che tutti si capisca che, a partire dalla procedura di affidamento diretto, la conoscenza anticipata del prezzo non comporta una distorsione del procedimento comportando per forza una violazione della imparzialità, a condizione che negli atti di gara venga definita con dettaglio la modalità di gestione delle offerte pervenute e venga descritto con attenzione quello speciale criterio di aggiudicazione che potremmo denominare “negoziazione”.

Condividi la notizia