Breve sintesi dell’orientamento giurisprudenziale sulla valutazione delle offerte tecniche nella sentenza del TAR Veneto

Giurisprudenza

22 dicembre 2017|di Avv. Michele Leonardi

La sentenza della III Sezione del TAR Veneto n. 1091/2017 pubblicata lo scorso 29 novembre permette di svolgere una ricognizione su quello che – ormai per giurisprudenza consolidata – è il raggio di azione concesso alle commissioni giudicatrici nell’ambito della valutazione delle offerte tecniche nonché sull’esercizio del potere discrezionale a cui, sia la stazione appaltante (in fase di progettazione) che la commissione giudicatrice (in fase di valutazione), possono legittimamente ricorrere.

L’occasione nasce dal ricorso proposto da un operatore economico avverso l’esclusione comminata a suo carico da parte della Regione Veneto (che nel caso di specie agiva in qualità di centrale di committenza) nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento della fornitura di ecografi in favore delle Aziende Sanitarie regionali. In particolare, il ricorrente era stato escluso dalla procedura in quanto non aveva raggiunto il punteggio minimo previsto relativamente alla prova pratica, la quale era espressamente destinata a verificare la qualità tecnica del prodotto offerto.

I motivi di ricorso proposti si possono sostanzialmente riassumere come segue:

  1. errata attribuzione dei punteggi all’offerta tecnica, con particolare riferimento alla qualità della prova pratica;
  2. mancata previsione di sub-pesi e sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione qualitativa dell’offerta;
  3. incompetenza e/o incompatibilità dei membri della commissione giudicatrice.

Nessuna delle doglianze è stata tuttavia ritenuta degna di accoglimento da parte del TAR Veneto.

Quanto al primo motivo di ricorso, il Tribunale ha infatti sottolineato come “nelle gare pubbliche da aggiudicarsi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nel valutare il pregio tecnico dell’offerta l’amministrazione esercita la cd. discrezionalità tecnica poiché chiamata ad applicare regole elastiche ed opinabili (cd. concetti giuridici indeterminati)”. In questo senso i giudici di primo grado approfondiscono il concetto di opinabilità insito nelle valutazioni svolte dalla commissione giudicatrice, affermando che “nell’attribuire i punteggi all’offerta tecnica, l'amministrazione non applica scienze esatte che conducono ad un risultato certo ed univoco, ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità”.

Tale opinabilità potrebbe essere sconfessata soltanto laddove sia possibile dimostrare la sua palese inattendibilità, non essendo sufficiente un mero giudizio di non condivisibilità da parte di chi contesti il contenuto delle valutazioni tecniche della commissione. Di conseguenza, “laddove non emergano travisamenti, pretestuosità o irrazionalità, ma solo margini di fisiologica opinabilità e non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale”, il giudice amministrativo non potrà mai sovrapporsi alle valutazioni della commissione, poiché in questo modo andrebbe ad assumere un potere che la legge riserva invece alle amministrazioni.

Nel caso di specie, quindi, non avendo il TAR riscontrato nelle valutazioni dei commissari profili di palese inattendibilità, le contestazioni sollevate dal ricorrente non possono essere ritenute fondate, essendo il giudizio della commissione sotto questo profilo del tutto insindacabile in sede giudiziale.

Il TAR ha poi ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, richiamando innanzitutto una precedente pronuncia del Consiglio di Stato (la n. 5245/2017), a mente della quale “nelle gare di appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la mancata previsione di sub-pesi e sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione qualitativa dell’offerta non è indice di indeterminatezza dei criteri di valutazione; ciò in quanto la possibilità di individuare sub-criteri è meramente eventuale, com’è palese dall’espressione «ove necessario» dell’art. 95, comma 8, del codice dei contratti pubblici”.

Infatti, la scelta relativa al peso da attribuire ad ogni singolo elemento di valutazione o di disgregare o meno i criteri in sub-criteri con il relativo sub-peso è “espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico; e come tale è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale e i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta”.

Da ultimo, il Tribunale ha respinto anche il terzo motivo di ricorso che, come anticipato, si fondava sull’asserita incompetenza dei commissari individuati dall’amministrazione rispetto al contenuto della fornitura oggetto di affidamento, sulla scorta di quanto disposto dall’art. 77 del D.Lgs. 50/2016 che richiede in capo ai commissari un’esperienza “nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”.

Sul punto, i giudici veneti ricordano innanzitutto come la disposizione appena richiamata debba essere intesa “in modo coerente con la poliedricità delle competenze spesso richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare, non solo tenendo conto, secondo un approccio formale e atomistico, delle strette professionalità tecnicosettoriali implicate dagli specifici criteri di valutazione, … ma considerando, secondo un approccio di natura sistematica e contestualizzata, anche le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell’Amministrazione, alla quale quei criteri siano funzionalmente preordinati, sia i concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali gli stessi siano destinati ad incidere”.

Alla luce di tale lettura, quindi, la commissione giudicatrice non deve essere formata da componenti che, singolarmente, coprano tutti gli aspetti oggetto della gara, ma è sufficiente che le varie professionalità degli stessi si integrino tra di loro “in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea”.

Nel caso di specie, conclude il TAR, la commissione era composta da soggetti portatori di diverse esperienze professionali “sia di natura tecnico-informatica, rispondenti, in un rapporto di complementarietà, alle esigenze valutative imposte dall’oggetto della gara d’appalto”: tale composizione è stata dunque ritenuta “idonea a garantire che il patrimonio di cognizioni della commissione, nel suo insieme, fosse idoneo ad affrontare la complessa attività valutativa richiesta”.

Leggi il testo integrale della sentenza del TAR Veneto, sez. III, 29.11.2017, n. 1091.