Amministrazione trasparente o nascondente?

Approfondimenti

16 maggio 2017|di Avv. Michele Leonardi

L’articolo 29 del Codice degli Appalti rappresenta ancora oggi, ad ormai un anno dalla sua vigenza, una delle norme di più difficile applicazione di tutto il decreto 50/2016. Probabilmente, per un certo tempo, il popolo delle Pubbliche Amministrazioni ha confidato che fosse Anac a caricarsi il peso di dare interpretazione ad una norma certamente di non facile applicazione, ma ad oggi queste speranze sono rimaste inevase.

Si concluda questa premessa con una considerazione: anche chi sperava che il decreto correttivo potesse venire in aiuto deve rimanere deluso. Non è previsto, per ora, alcun intervento innovativo rilevante sull’articolo 29 del decreto legislativo 50/2016.

Andiamo per gradi e diamo, innanzitutto, lettura all’articolo per dipanarne le difficoltà.

L’articolo 29 del D.Lgs 50/2016 dispone: “Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico di cui all'articolo 5, ove non considerati riservati ai sensi dell'articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell'articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” con l'applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33".

In applicazione della predetta prescrizione, dunque, le amministrazioni dovrebbero pubblicare “tutti gli atti”, in relazione a qualsiasi procedura di affidamento, senza limiti di importo, nella sezione (si presume) “Bandi Gare e Contratti”, all’interno del link “Amministrazione Trasparente” che ogni soggetto pubblico deve avere sul proprio sito istituzionale, in conseguenza di quanto disposto dal D.Lgs 33/2013.

L’analisi della norma pone una prima questione rilevante: cosa intende il legislatore per “tutti gli atti”?

Secondo la Treccani Giuridica l’atto amministrativo è l’“Atto adottato da una pubblica amministrazione in quanto autorità” ed assume il nome di “provvedimento amministrativo” quando è in grado di incidere “ direttamente sui diritti o sugli interessi degli amministrati ed è impugnabile dinanzi al giudice”.

Ma il legislatore che all’articolo 29 del Codice parla di “atti” intende riferirsi ai soli provvedimenti o anche a tutti gli altri atti?

Non c’è ancora una risposta data dalle istituzioni a questa importante domanda e si deve credere che la dizione “tutti gli atti” comprenda, quindi, anche quegli atti che non assumono il valore di provvedimento, ma mantengono un valore meramente endoprocedimentale. Dunque anche il verbale di anomalia dell’offerta è un atto e come tale, ritengo, debba essere pubblicato.

Da quanto sopra riportato si rileva che le amministrazioni devono pubblicare, per ogni affidamento, da 1 euro in su, nello spazio “bandi gare e contratti”, tutti gli atti emessi nell’ambito del procedimento che abbia ad oggetto una procedura di affidamento di lavori, servizi o forniture

Ad oggi non sono molte le amministrazioni che hanno ancora dato adempimento a questa prescrizione normativa. Ma quando le amministrazioni daranno adempimento alla norma e cominceranno a pubblicare tutto, cosa troverà davvero il cittadino dentro il link “amministrazione trasparente”?

Temo fortemente che il legislatore, in questo modo, invece di raggiungere il proprio obiettivo, garantire la massima trasparenza, ottenga, invece, un effetto contrario. Pubblicare su internet all’interno di un determinato spazio una montagna enorme di dati equivale a produrre molta confusione, con la probabile conclusione che nessuno là dentro riuscirà a trovare nulla.

Per fare un esempio casereccio: chi ha a casa un bimbo amante delle figurine dei calciatori sa che dopo un po' ne trova da tutte le parti. Le figurine si possono trovare in ogni dove: sotto il divano, sul tavolo e dentro le mensole. Poniamo che il vostro bimbo, ad un certo punto, decida di voler trovare la figurina di Donadoni, come potreste aiutarlo?

Se uno spazio lo si riempie di dati, la conclusione che si ottiene non è la massima esibizione degli stessi, ma si produce l’effetto contrario. Il peggior nemico assoluto della trasparenza è la confusione. E questo il legislatore dovrebbe proprio saperlo, dacché con questa prescrizione ripete un errore già commesso negli anni passati.

Nel 2012 il Governatore Mario Monti introdusse in un Decreto Legge un istituto denominato “Amministrazione Aperta”. In base a quella norma le amministrazioni dovevano pubblicare un link, denominato appunto “Amministrazione Aperta”, all’interno del quale inserire una marea confusa di dati quali:

“a) il nome dell’impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali;

  1. b) l’importo;
  2. c) la norma o il titolo a base dell’attribuzione;
  3. d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo;
  4. e) la modalità seguita per l’individuazione del beneficiario;
  5. f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio”.

Dopo pochi mesi si comprese il fallimento totale della prescrizione normativa. Ogni amministrazione inseriva i dati richiesti a modo suo, dando interpretazioni variegate della norma e, soprattutto, la valanga di informazioni pubblicate non permetteva a nessuno di comprendere davvero nulla.

Fu proprio dall’errore commesso che il Governo Monti decise di tornare indietro, abrogando l’istituto “Amministrazione Aperta” ed istituendo quello della “Amministrazione Trasparente”.

Al contrario di quello precedente l’Amministrazione Trasparente, istituito dal D.Lgs 33/2013, prevede che le Amministrazioni debbano pubblicare sul sito internet:

  • solo ciò che è disposto con chiarezza dalla normativa vigente;
  • solo seguendo l’ordine dato dal Decreto (nell’allegato A);
  • solo con le modalità disposte dal decreto stesso.

Queste norme hanno consentito di avere, anche negli appalti, per qualche anno vera trasparenza. Ogni cittadino ha avuto modo di poter andare sul sito internet di qualunque amministrazione pubblica italiana e di trovare, dopo tre o quattro passaggi sempre il medesimo dato (che nel caso di appalti pubblici era il dato aggregato dei contratti stipulati nell’anno precedente con riportata la indicazione del nome del RUP, del numero del CIG, dell’oggetto dell’affidamento, della modalità dell’affidamento, del nome dell’appaltatore, del nome dei soggetti invitati alla procedura, dell’importo del contratto, dei tempi di esecuzione, dell’importo contabilizzato).

Ora però questo spazio dove prima si trovavano “solo” i dati sopra citati, a seguito della prescrizione disposta dall’art. 29 del D.Lgs 50/2016, viene riempito di “tutti gli atti” per ogni procedura di gara realizzata dall’amministrazione, con buona pace dell’ordine e quindi della trasparenza.

Come potrà il povero cittadino raccapezzarsi all’interno di uno spazio nel quale si troveranno mescolati verbali di valutazione dell’anomalia delle offerte, verbali di sedute riservate di valutazione delle offerte tecniche e verbali di sedute pubbliche di valutazione di documentazione amministrativa?

Nutro personalmente due speranze.

La prima è che le amministrazioni si adoperino per mantenere quello spazio più in ordine possibile (come ogni brava mamma tenta disperatamente di mantenere in ordine la propria casa).

Una idea potrebbe essere, per esempio:
  • mantenere nella parte alta della pagina “Bandi gare e contratti”, il link che rinvia al riassunto di tutti i dati aggregati annuali che si dovevano già pubblicare prima del Codice, ai sensi di quanto disposto dall’art. 37 del D.Lgs 33/2013;
  • di seguito riservare uno spazio apposito per tutti gli affidamenti del valore inferiore a 40 mila euro, per i quali, a mio parere, è sufficiente pubblicare la sola determinazione a contrarre che secondo la linea guida di Anac dovrebbe contenere “in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta e il possesso dei requisiti di carattere generale”;
  • infine pubblicare gli affidamenti di importo superiore a 40 mila euro, mettendo in calce ad ogni titolo di procedura realizzata: gli atti di gara, i verbali di gara, la nomina della Commissione Giudicatrice e i loro Curricula.

La seconda speranza che nutro è che il legislatore si renda conto che esistono due trasparenze del tutto differenti e parimenti rilevanti.

Da una parte esiste la trasparenza verso il mercato che può godere della esibizione di atti e verbali di gara e dall’altra esiste una esigenza di trasparenza differente, a favore del cittadino al quale, invece, non interessano i dati tecnici di gara, ma vuole informazioni certe, chiare ed aggregate, che permettano di svolgere una funzione di controllo sommario sulla spesa delle amministrazioni.

Queste due trasparenze dovrebbero essere gestite in ambiti diversi e non convivere nello stesso spazio, a pena di rischiare di trovare un cittadino per ore perso dentro una “Amministrazione Trasparente” di un ente pubblico a domandarsi: ma dove diavolo sarà Donadoni?

Avv. Vittorio Miniero - toto@appaltiamo.it