Sospensione dei termini ex art. 103 D.L. 18/2020 e appalti

Approfondimenti

31 marzo 2020|di Avv. Michele Leonardi

Nel proliferare degli interventi legislativi dell’ultimo periodo, conseguenti e necessari allo stato di emergenza connesso alla pandemia da COVID-19, c’è una norma che lascia a tutt’oggi margini di incertezza interpretativa.

Si tratta dell’art. 103 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, rubricato “Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza” che al primo comma testualmente recita: “Ai  fini  del  computo  dei  termini  ordinatori  o  perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi  allo svolgimento di procedimenti amministrativi  su  istanza  di  parte  o d'ufficio, pendenti  alla  data  del  23  febbraio  2020  o  iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo  compreso tra la medesima data e  quella  del  15  aprile  2020…”.

In prima battuta, quando il D.L. è stato pubblicato e gli interpreti hanno letto l’art. 103, il pensiero non è andato alle procedure d’appalto; non perché, sia chiaro, ci sia incertezza sull’ascrivibilità o meno delle stesse ai procedimenti amministrativi, essendo senza dubbio la gara un procedimento amministrativo ad iniziativa d’ufficio.

Ciò nondimeno, la lettura del testo normativo nel suo complesso ha portato istantaneamente a trascendere l’interpretazione letterale del primo comma dell’art. 103, focalizzandosi su quella che viene definitiva “interpretazione logica”, ovvero: qual era l’intento del legislatore quando ha scritto l’articolo? Voleva davvero riferirlo anche alle procedure di gara, oppure, nel dover fornire una risposta quanto più pronta possibile all’emergenza, non ha considerato che nel mare magnum dei “procedimenti amministrativi su istanza di parte o d'ufficio” ricadono anche le procedure di gara?

E così l’interpretazione sistematica ha portato a ritenere che l’articolo 103 non potesse essere riferito alle procedure di gara: sia perché collocato all’interno di un decreto legge che mira a facilitare ed accelerare gli acquisti e gli affidamenti, anche in espressa deroga ai termini previsti dal codice dei contratti; sia perché privo di espresso riferimento al D.Lgs. 50/2016, citato invece più volte nel decreto legge; sia perché carente di indicazioni alle stazioni appaltanti circa la modalità di comunicazione agli operatori economici dei nuovi termini, tanto da far ritenere che la sospensione, operando ex lege, obblighi i concorrenti ad effettuare singolarmente i calcoli dei nuovi termini, con buona pace delle date inserite nei portali e da modificare, dei CIG già perfezionati e da riaprire e di tutte le attività amministrative propedeutiche e necessarie alla corretta gestione degli affidamenti (si pensi ad esempio alle varie pubblicazioni imposte ex lege).

Prova di quanto affermato è fornita della lettura dei commenti usciti sui principali canali di informazione in materia di appalti pubblici immediatamente dopo la pubblicazione del decreto legge: nell’elenco delle disposizioni del decreto ritenute rilevanti in materia di procedure di gara e di affidamento non figura, infatti, l’articolo 103.

Allo stesso modo, alla prova dell’applicazione empirica della norma, le stazioni appalti hanno portato avanti per la maggior parte le procedure in essere, mantenendo i termini già previsti, o addirittura hanno bandito nuove gare.

Avviene però che il 23 marzo scorso, con una nota indirizzata ai Dipartimenti per le Infrastrutture e per i Trasporti, alle Ferrovie e ad Anas (e non resa pubblica mediante canali ufficiali), il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli si esprime sul tema, confermando l’applicabilità dell’art. 103 alle procedure di gara e precisando “Quanto agli effetti pratici che ne discendono, si evidenzia che i termini inerenti le procedure di affidamento di appalti o di concessioni, già pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, devono ritenersi sospesi per un periodo di 52 giorni (corrispondente al periodo intercorrente tra il 23 febbraio ed il 15 aprile 2020). Una volta concluso il periodo di sospensione, i termini sospesi cominciano nuovamente a decorrere.”.

La nota del Ministro De Micheli non lascia spazio a diverse interpretazioni, limitandosi ad invitare i destinatari “…a porre in essere, durante il periodo di sospensione, tutte le iniziative di carattere organizzativo ed amministrativo necessarie affinché possa pervenirsi, una volta cessato detto periodo, ad una rapida conclusione delle procedure”.

Un’applicazione di questo genere dell’art. 103 si pone, tuttavia, in espresso contrasto con l’articolo 79 del Codice dei contratti, che impone alle stazioni appaltanti di comunicare espressamente la proroga agli operatori economici interessati.

Si tratta di un contrasto non solo formale, ma di natura eminentemente sostanziale: se l’articolo 103 deve intendersi applicato alle procedure di gara, certamente lo scopo della disposizione non può che essere quello di agevolare l’operatore economico, di concedergli più tempo per organizzare la propria attività e, quindi, per formulare l’offerta, nel contesto del periodo emergenziale.

Ma se è così, lasciare l’operatore economico in balìa dell’interpretazione di una norma, senza fornirgli comunicazione (e quindi certezza) di quali siano i nuovi termini (spesso perentori) conseguenti all’applicazione della sospensione rischia di frustrare lo scopo stesso della norma, “costringendo” il concorrente a presentare l’offerta comunque entro l’originario termine, nel timore che sia altrimenti considerata tardiva.

I nuovi termini devono quindi essere pubblicizzati con le stesse modalità con cui sono stati resi noti originariamente, con conseguente modifica delle date sulle piattaforme telematiche e nuove pubblicazioni che possano rendere chiare ed inequivocabili le nuove scadenze.

In conclusione, valga una considerazione di fondo: questo non è il momento di fare approfondimento in punto di diritto, ma di cercare soluzioni che possano essere idonee a fronteggiare l’emergenza che viviamo; in questo senso, le stazioni appaltanti non possono che proseguire con l’affidamento delle procedure urgenti, strettamente connesse alle esigenze della situazione emergenziale.

Ma non solo, al di là delle problematiche generate dall’emergenza epidemiologica in essere che hanno riflessi pratici sugli acquisti operati in questo periodo dalle pubbliche amministrazioni, è indubbio che queste ultime stiano continuando ad operare per garantire il perseguimento degli interessi pubblici anche in ambiti non necessariamente collegati all’emergenza CONVID-19. Si pensi, ad esempio, sempre nell’ambito sanitario e assistenziale, alla necessità di garantire le forniture ed i servizi connessi alla cura dei degenti anche per patologie diverse dall’infezione da COVID-19: ebbene, in questi casi il supremo diritto alla salute non può cedere il passo ad una norma che – per certi aspetti improvvidamente – imporrebbe la sospensione delle procedure di acquisto per ben 52 giorni.

Devono poi tenersi necessariamente in considerazione almeno altri due fattori fondamentali: la reale possibilità del mercato di rispondere alla richiesta d’offerta (in bilanciamento del favor partecipationis e delle esigenze di celerità dell’affidamento) e l’impossibilità di portare avanti gare che prevedano il sopralluogo obbligatorio (per evidenti esigenze di tutela della salute pubblica).

A parere di chi scrive, dunque, l’applicazione di questa norma (di cui non si sono evidentemente ben considerati gli effetti – giuridici e pratici – nel momento in cui è stata emanata) richiede un’analisi caso per caso degli interessi in gioco (tutela della salute pubblica, favor partecipationis, continuità dell’azione amministrativa, etc.), anche se tutto ciò trascende decisamente da quella certezza del diritto che il nostro ordinamento dovrebbe garantire a tutti gli operatori del settore.

AllegatoMinisteroInfrastrutturedirettivasospensio020.pdf