L’accesso civico generalizzato è ammesso anche per gli atti delle procedure di gara

Giurisprudenza

14 aprile 2020|di Avv. Piera Franceschini

Il rapporto tra accesso civico generalizzato ed accesso agli atti delle procedure di gara è stato chiarito dalla sentenza n. 10 del 2 aprile scorso da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, cui la questione era stata rimessa dalla Sezione III del medesimo Consiglio di Stato per dirimere il contrasto giurisprudenziale in tema.

In estrema sintesi, parte della giurisprudenza amministrativa, ivi compresa la Sezione rimettente, ritiene che l’accesso civico generalizzato, disciplinato dall’art. 5 co. 2 del D.Lgs. 33/2013, sia ammissibile anche per gli appalti pubblici, per la fase pubblicistica e per la fase successiva all’aggiudicazione e firma del contratto.

Altra parte della giurisprudenza (principalmente la Sezione V del Consiglio di Stato) sostiene che il rapporto tra i due istituti sia di genere a specie: la “specie” accesso agli atti di gara, disciplinata dall’art. 53 del codice dei contratti, prevale sul “genere” accesso civico generalizzato, in tal modo impedendo l’applicabilità di tale ultimo tipo di accesso sia agli atti della procedura, sia ai documenti contrattuali e di esecuzione.

L’Adunanza Plenaria aderisce al primo dei due orientamenti, ritenendo che l’interpretazione letterale data dalla Sezione V alle disposizioni in materia di accesso, seppure formalmente corretta, debba cedere il passo ad una lettura sistematica, costituzionalmente e convenzionalmente orientata, che impone un necessario approccio restrittivo ai limiti all’accesso civico.

Tali limiti sono quindi solamente quelli previsti dall’art. 5-bis co. 3 del D.Lgs. 33/2013, che elenca “…casi di eccezioni assolute” e non può essere interpretato nel senso di esentare dall’accesso generalizzato interi ambiti di materie (come quella degli appalti) solo perché esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli regolati dalla Legge 241/1990, richiamata dall’art. 53 del codice dei contratti.

Le eccezioni diverse da quelle previste dal comma 3 dell’articolo 5-bis devono, quindi, intendersi come “relative” e richiedono un bilanciamento da parte della pubblica amministrazione, in concreto, tra l’interesse pubblico alla conoscibilità ed il danno all’interesse-limite, pubblico o privato, alla segretezza e/o alla riservatezza.

Sgombrato il campo circa l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato anche per gli atti delle procedure di gara, la sentenza rammenta che l’abuso dell’istituto andrà comunque sempre contrastato; in tal senso, l’Adunanza Plenaria fornisce un aiuto ermeneutico alle stazioni appaltanti (in prospettiva del bilanciamento di interessi da operare caso per caso) indicando un elenco esemplificativo delle istanze da rigettare: “Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi.”

Il principio di diritto enunciato, ultimo per ordine di trattazione delle questioni della corposa sentenza in commento, è il seguente:

c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.”

La sentenza enuncia poi altri due importanti princìpi di diritto:

a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;

b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale”.

AllegatoCdS_Adunzana_Plenaria_10_2020.pdf