ANAC precisa che il rating di legalità non può essere previsto come requisito tecnico-organizzativo per l’accesso alle gare di appalto

ANAC

05 marzo 2018|di Avv. Michele Leonardi

L’art. 5-ter del D.L. 1/2012, “al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali” aveva demandato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di elaborare e di attribuire, su istanza delle imprese “un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza”, sulla base di un regolamento che l’Autorità stessa aveva poi emanato con successivo provvedimento emanato il 14 novembre 2012 (delibera n. 24075/2012).

La norma del citato Decreto Legge prevedeva che detto rating dovesse essere preso in considerazione prevalentemente per la concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni ovvero in sede di accesso al credito bancario.

Il rating di legalità è stato successivamente richiamato anche all’interno di alcune disposizioni del codice dei contratti ed in particolare:

  • nell’art. 93, co. 7, dove il possesso del rating di legalità consente alle imprese di ridurre del 30% l’importo previsto dalla documentazione di gara per la garanzia provvisoria (ed anche per quella definitiva, ai sensi del richiamo espresso della citata disposizione da parte dell’art. 103 del codice stesso);
  • nell’art. 95, co. 8, secondo il quale il rating di legalità può essere preso in considerazione dalle stazioni appaltanti (se, naturalmente, espressamente previsto nella documentazione di gara) quale criterio premiale nella valutazione delle offerte nei casi in cui venga utilizzato il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
  • nell’art. 213, co. 7, dove viene previsto che il rating di legalità concorre alla definizione del rating di impresa.

In estrema sintesi, il rating di legalità (strumento di “certificazione” dell’imprese del tutto volontario) assegna agli operatori economici che ne fanno richiesta un numero di “stellette” crescenti da una a tre a seconda del “grado di moralità” dell’impresa, il quale viene misurato dall’assenza di determinate condanne o dalla mancata commissione di illeciti di varia natura nonché dall’avvenuta adozione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001 e codici etici di comportamento ovvero dall’iscrizione in apposite white list.

Orbene, dalla “lettura incrociata” delle disposizioni che disciplinano il rating di legalità o che comunque lo richiamano espressamente emerge come, mentre lo stesso sia un criterio determinante per l’accesso ai finanziamenti pubblici ovvero al credito da parte del sistema bancario, nell’applicazione del codice degli appalti tale rating può avere solo ed esclusivamente una valenza premiale.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha dovuto peraltro confermare la portata del rating di legalità alla luce di una richiesta di parere di precontenzioso formulata da un’impresa con riferimento ad una procedura di gara indetta dalla Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Casoria, Afragola e Arzano per l’affidamento del servizio di raccolta e trasporto d rifiuti solidi urbani.

Nella fattispecie, la stazione appaltante aveva previsto tra i requisiti di natura tecnico-organizzativa, ai sensi dell’art. 83, il possesso da parte degli operatori economici del rating di legalità, circostanza contestata dall’istante che invece considerava come illegittima tale previsione.

ANAC, all’esito dell’istruttoria prevista nei casi di avvio del procedimento di rilascio di pareri di precontenzioso ai sensi dell’art. 211 del D.Lgs. 50/2016, ha pertanto emesso la Determina n. 101 del 7 febbraio 2018 con la quale ha precisato preliminarmente che “il rating di legalità è uno strumento volto alla promozione della legalità e dei comportamenti etici in ambito aziendale, operante su base volontaria, il cui accesso è riservato alle imprese aventi sede operativa nel territorio nazionale, iscritte al registro delle imprese da almeno due anni, che abbiano raggiunto un fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso l’anno precedente alla richiesta di rating”.

Alla luce della finalità con cui il rating di legalità è stato introdotto nel nostro ordinamento (vedi quanto disposto dalla norma citata in apertura del presente articolo dell’art. 5-ter del D.L. 1/2012), l’Autorità sottolinea come il rating sia idoneo a certificare “un certo livello di etica professionale”, avendo pertanto una valenza assimilabile a quella dei requisiti di moralità professionale previsti dall’art. 80 del codice, non certo a quelli di capacità tecnico-organizzativa previsti dall’art. 83 del D.Lgs. 50/2016.

Di conseguenza, ANAC afferma che il possesso del rating di legalità non sarà mai idoneo ad attestare il possesso di requisiti di natura tecnica e professionale (i quali invece possono essere utilizzati per comprovare una precedente esperienza specifica dell’operatore economico nella gestione di determinati contratti), ma, allo stesso tempo, l’Autorità precisa che il rating stesso non potrebbe divenire un “nuovo” requisito di ordine generale in quanto “i requisiti di moralità necessari ai fini della partecipazione alle gare pubbliche sono definiti nell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 e … , in ragione del principio di tassatività delle cause di esclusione, la stazione appaltante non può prevedere ulteriori motivi di esclusione”.

Pertanto, la clausola del bando che prevedeva il rating di legalità tra i requisiti tecnico-organizzativi di cui l’operatore economico doveva dimostrare il possesso per partecipare alla procedura di gara non può che essere considerata illegittima da parte dell’Autorità.

Vi è peraltro un ulteriore elemento che conferma e rafforza la conclusione a cui è approdata ANAC nel parere di precontenzioso in commento (anche se non espressamente richiamato dalla stessa): come si evince dalla semplice lettura dell’art. 5-ter del D.L. 1/2012, il rating in legalità può essere richiesto ed ottenuto soltanto da operatori economici “operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro”. Qualora al rating fosse riconosciuto lo “status” di requisito di partecipazione, è chiaro che si andrebbero ad escludere dalla partecipazione alle gare tutti quei soggetti che non raggiungano le soglie minime per richiedere il riconoscimento del rating.

Uno sbarramento che sarebbe in ampio contrasto con le legislazioni comunitaria e nazionale che, in senso contrario, incentivano la partecipazione alle procedure di gara da parte di micro, piccole e medie imprese.

Leggi il testo integrale della Determina n. 101 del 7 febbraio 2018 di ANAC.