Il rapporto tra Consip e le centrali regionali di committenza nel sistema aggregato degli acquisti di beni e servizi: la posizione del Consiglio di Stato

Giurisprudenza

10 luglio 2017|di Avv. Michele Leonardi

newsletter_giuriLa razionalizzazione della spesa pubblica che ha interessato nell’ultimo decennio soprattutto il servizio sanitario nazionale (e quelli regionali di conseguenza), attraverso – in un primo momento – la possibilità per le Regioni di costituire proprie centrali di committenza in parallelo a Consip e successivamente con le varie edizioni della c.d. “spending review”, ha sempre posto il problema sul rapporto e, in particolare, sulla gerarchia tra Consip e le varie centrali regionali di committenza sorte nel tempo, proprio con riferimento specifico all’ambito del settore sanitario.

La sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 28 giugno 2017 (la n. 3162/2017 pronunciata dalla sezione III) ha il pregio di aver fatto luce su questa particolare tematica, la quale meritava senza dubbio una presa di posizione da parte della giurisprudenza al fine di permettere ai vari enti che dovranno necessariamente ricorrere ai sistemi aggregati di acquisto (per quelle categorie merceologiche rientrati nel D.P.C.M. del 24 dicembre 2015) di determinare le corrette procedure da attivare.

Il caso considerato dal Consiglio di Stato nella pronuncia sopra richiamata nasce dal ricorso in primo grado che un operatore economico aveva proposto avverso la procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia indetta dalla SUA della Regione Basilicata e suddivisa in 5 lotti. In particolare, il ricorrente chiedeva con riferimento al solo lotto 5 l’annullamento della procedura, in quanto lo stesso svolgeva il servizio oggetto di gara proprio presso l’Azienda Ospedaliera rientrante nel lotto in contestazione, in forza di un contratto in scadenza ad ottobre del 2016 e con possibile rinnovo per un ulteriore periodo di 3 anni.

Non solo. L’operatore economico rappresentava che, nelle more, aveva anche preso parte, quale mandante all’interno di un raggruppamento temporaneo di imprese, ad una gara di appalto indetta da Consip per l’affidamento sempre del servizio di pulizia per le strutture del SSN, il cui lotto 9 comprendeva anche le strutture sanitarie della Regione Basilicata (quindi, più o meno implicitamente, anche l’Azienda Ospedaliera il cui servizio di pulizia veniva gestito dalla ricorrente).

Stante tale situazione di fatto, l’operatore economico chiedeva l’annullamento della gara indetta dalla SUA della Basilicata, dal momento che quest’ultima avrebbe deciso senza una specifica motivazione di non attendere l’esito della gara Consip, arrecando di conseguenza un grave pregiudizio all’affidamento che la ricorrente aveva posto nell’esito della procedura di aggiudicazione indetta a livello nazionale.

Con sentenza n. 809/2016 il TAR Basilicata accoglieva il ricorso, con conseguente annullamento della procedura di gara indetta dalla SUA limitatamente al lotto 5, per difetto di motivazione e difetto di istruttoria. I giudici di prime cure ravvisavano in particolare che la SUA avrebbe mancato di considerare che i commi 455 e 457 dell’art. 1 della L. 296/2006, benché permettessero alla Regioni di creare centrali di committenza in favore degli enti del servizio sanitario e di costituire unitamente a Consip un sistema a rete per armonizzare la razionalizzazione della spesa, richiedessero comunque “la necessità di coordinamento tra iniziative assunte dai predetti soggetti aggregatori sia allo scopo di evitare onerose duplicazioni sia allo scopo di non frustrare l’affidamento dei soggetti che abbiano preso parte a procedure già avviate”, sussistendo di conseguenza per la centrale regionale “l’obbligo di motivare puntualmente in relazione alle ragioni per l’indizione di una autonoma procedura di acquisizione regionale, nonostante l’avanzato svolgimento di un analogo iter da parte della CONSIP”.

Avverso la sentenza del TAR lucano ha proposto appello la Regione Basilicata, evidenziando come l’Azienda Ospedaliera coinvolta nella querelle si fosse correttamente rivolta alla SUA regionale, quale soggetto aggregatore attivo in base a specifica legge regionale. Il Consiglio di Stato, investito in secondo grado della questione, dopo aver rigettato tutte le eccezioni preliminari sulla legittimità ad agire in giudizio e sulla carenza di interesse dei vari soggetti coinvolti, ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado, accogliendo l’appello della Regione Basilicata.

Il Collegio ha immediatamente rilevato come la SUA della Basilicata non avesse l’obbligo di motivare la scelta di indire una gara autonoma anziché attendere l’esito della gara che Consip aveva nel frattempo attivato, con ciò non condividendo appunto l’argomentazione svolta dal TAR in primo grado per accogliere il ricorso dell’operatore economico. In questa occasione, infatti, il giudice di primo grado non ha considerato che “la legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (modificando la precedente legge n. 18/2013) con l’art 10, in primo luogo, ha istituito ‘la Stazione Unica Appaltante della Regione Basilicata per lavori, servizi e forniture di importo superiore a quelli previsti dalla normativa vigente per le acquisizioni in economia’ ,’al fine di assicurare il contenimento delle spese e l’economicità della gestione’, ed, in secondo luogo, ha stabilito che la SUA ‘funge altresì da Centrale di Committenza degli enti e delle aziende del SSR per lavori, servizi e forniture di importo superiore a quelli previsti dalla normativa vigente per le acquisizioni in economia’”. Da ciò risulta che la SUA della Regione Basilicata svolge funzioni di Stazione Unica Appaltante, di Centrale di Committenza e di Soggetto Aggregatore.

I giudici della III sezione fanno inoltre notare in un passo della pronuncia in esame come la richiamata normativa nazionale di cui al comma 449 e seguenti dell’art. 1 della L. 296/2006, laddove consente alle Regioni di costituire centrali di committenza in favore delle amministrazioni regionali, “specularmente, in realtà, non impone un corrispondente espresso onere della centrale di committenza regionale di coordinarsi, quanto alle iniziative in materia di procedure di gare, con la CONSIP, centrale di committenza a livello nazionale”.

Questa esigenza di coordinamento, inoltre, non è desumibile dal passaggio della stessa Legge Finanziaria del 2007 – richiamato dal TAR Basilicata nella sentenza di primo grado – in cui si afferma che Consip e le centrali regionali debbano costituire un “sistema a rete” volto ad armonizzare la razionalizzazione della spesa pubblica, il quale vale senza dubbio come modulo organizzativo, ma che, sotto il profilo ontologico, “non comporta quale unico criterio di coordinamento, la necessità che la centrale di committenza regionale, prima di indire nuove procedure per i fabbisogni delle Aziende sanitarie operanti nel proprio ambito territoriale, attenda l’esito della eventuale procedura CONSIP in corso di espletamento in ambito nazionale”.

Nell’approfondire la propria disamina sulla questione posta alla sua attenzione, il Consiglio di Stato prende le mosse dalla difesa della Regione svolta in primo grado, la quale richiamava la disposizione di cui all’art. 9, co. 3, del D.L. 66/2014 per comprovare l’esistenza in Basilicata di una priorità del sistema della procedura di gara della SUA rispetto a quella di Consip, lettura tuttavia non condivisa dai giudici di primo grado. Il Collegio, di converso, ritiene che vada un’altra volta disattesa l’argomentazione del TAR in quanto “l’art. 9, comma 3, del D. L. n.66/2014, nel prevedere che con DPCM saranno individuate tipologie di fabbisogni e soglie la cui sussistenza richiede che ‘gli enti del servizio sanitario nazionale ricorrono a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori di cui ai commi 1 e 2 per lo svolgimento delle relative procedure’, in apertura del comma fa salve le disposizioni dell’art.1, comma 449, legge n.296/2006, a norma del quale ‘Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni quadro stipulate da Consip S.p.A.’”.

A rafforzamento della propria posizione, il Consiglio di Stato osserva inoltre come la gara indetta da Consip non si fosse ancora conclusa all’epoca in cui la SUA della Basilicata aveva indetto la procedura di gara che, all’interno del lotto 5, prevedeva l’affidamento del servizio di pulizia in favore dell’Azienda Ospedaliera di interesse del ricorrente in primo grado.

Da ultimo, i giudici di Palazzo Spada escludono che l’indizione della gara regionale da parte della SUA della Basilicata sia viziata anche dalla violazione della disposizione di cui all’art. 15, co. 13, lett. d), del D.L. 95/2012, la quale prevede che per gli acquisti di beni e servizi da parte del SSN gli enti debbano ricorrere a Consip. A mente del Collegio, tale norma non può che essere letta in coordinamento sia con l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 (che prevede per gli Enti del SSN l’obbligo di approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento) che con l’art. 9 del D.L. 66/2014, il quale prevede l’istituzione di un elenco di soggetti aggregatori di cui fanno parte tanto Consip quanto le centrali di committenza per ciascuna regione.

Per tutte queste ragioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l’appello della Regione Basilicata avverso la sentenza del giudice di prime cure, in quanto nell’attuale sistema delle acquisizioni aggregate per beni e servizi (in particolare rivolti al servizio sanitario nazionale) non esiste un rapporto gerarchico che ponga Consip al di sopra delle centrali di committenza regionali che, laddove costituite, hanno un rango parificato a quello della centrale nazionale. Da questo deriva quindi la possibilità per le centrali regionali di indire procedure di gara autonome rispetto a Consip, senza alcun obbligo di motivare il proprio operato.

Leggi il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 28.06.2017, n. 3162.